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Riproponiamo l'articolo L’Archivio della Pedagogia italiana del Novecento di Epifania Giambalvo (Studi sulla  Formazione    2005, n. 2, a. VIII) che riproduce l'intervento al Seminario di inaugurazione dell'Archivio tenuto a Firenze il 19 maggio 2004


Come ha scritto Franco Cambi in un breve saggio pubblicato nel Bollettino della Fondazione Nazionale «Vito Fazio-Allmayer», l’Archivio della Pedagogia italiana del Novecento è «una costola fiorentina» della stessa Fondazione.* Per questo mi sembra opportuno ricostruire preliminarmente, sia pure per sommi capi, la storia della Fondazione «Fazio-Allmayer».


Quest’ultima ha avuto origine grazie all’impegno scientifico ed economico della mia Maestra, Prof. Bruna Boldrini Fazio-Allmayer, studiosa di spicco ed originale interprete del pensiero faziano, come risulta dai suoi numerosi scritti, fra i quali mi è caro ricordare Vita e pensiero di Vito Fazio-Allmayer (1960), Esistenza e realtà nella fenomenologia di Vito Fazio-Allmayer (1968), L’esigenzialismo e la vita come impegno(1970).
Nel 1965, lasciata la sua terra d’origine, la Toscana, Bruna Fazio-Allmayer, si trasferì in Sicilia dove, dopo aver conseguito brillantemente la libera docenza in Filosofia morale, svolse per diversi anni gli insegnamenti di Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, e di Pedagogia e Storia della pedagogia presso l’allora Facoltà di Magistero dell’Ateneo palermitano. E ciò al fine di creare a Palermo, città di origine di suo marito, il filosofo Vito Fazio-Allmayer, un Centro di studi a lui intitolato e volto a suscitare nei giovani l’interesse – in senso etimologico – per la Filosofia e ad incrementare nell’isola la speculazione filosofica.
L’istituzione da lei creata è sorta dunque dall’amore, dall’amore coniugale, ma anche dall’amore per i giovani e per la Sicilia, sua seconda patria di adozione.
All’inizio degli anni Settanta furono quindi avviate le pratiche per la creazione del Centro Siciliano di Studi Filosofici «Vito Fazio-Allmayer», che venne istituito come Associazione nel 1971, con le seguenti finalità, sancite dallo Statuto che ne regola la vita:

 

  1. Pubblicazione delle Opere Complete di Vito Fazio-Allmayer;
  2. Costituzione di una Biblioteca di classici della filosofia e di opere storico-critiche;
  3. Istituzione di premi per saggi critici sul pensiero di Fazio-Allmayer o su tematiche attinenti ai suoi interessi;
  4. Attribuzione di borse di studio a giovani laureati e, particolarmente, a quelli provenienti dalla Toscana e dalla Sicilia;
  5. Attivazione di corsi post-laurea, integrativi degli insegnamenti universitari, aggiornamento per i docenti di Filosofia e di Pedagogia;
  6. Collegamento con altri centri di cultura, italiani e stranieri.

Queste stesse finalità sono contemplate dallo Statuto della «Fondazione Fazio-Allmayer», istituita il 27 gennaio 1975, con atto rogato dal Notaio Isabella Amodei di Palermo, col quale la fondatrice Prof. ssa Bruna Boldrini Fazio-Allmayer ha donato all’erigenda Fondazione buona parte dei suoi averi – fra i quali la sede palermitana della stessa –, costituendone, in tal modo, il patrimonio iniziale. Tale patrimonio si è poi notevolmente incrementato con l’acquisizione di altri beni lasciati in eredità da Bruna Fazio-Allmayer alla Fondazione; fra questi la sua casa di Firenze – la «Casina» –, sita al n. 78 del Viale Augusto Righi, che oggi è adibita a sede dell’Archivio della Pedagogia Italiana del Novecento.
Le principali attività scientifico-culturali della Fondazione, dispiegate con grande impegno scientifico ed economico da Bruna Fazio-Allmayer dal 1975 al 1989, anno della sua scomparsa, sono: 

  1. La pubblicazione di 19 dei 22 volumi che costituiscono l’Opera Omnia di Vito Fazio-Allmayer;
  2. La promozione e l’organizzazione di diversi Convegni nazionali e la pubblicazione dei relativi Atti; 
  3. La costituzione di una iniziale Biblioteca di classici della Filosofia e della Pedagogia e di opere storico-critiche; 
  4. Lo svolgimento di corsi di aggiornamento per i docenti della scuola media secondaria;
  5. La creazione di una Collana di studi etico-pedagogici, nella quale sono stati pubblicati diversi saggi di studiosi e giovani laureati;
  6. La pubblicazione di un Bollettino-Rivista semestrale della Fondazione.

Considerata l’attività dispiegata dalla stessa fin dal momento della sua istituzione, con decreto del 14 novembre 1977, il Presidente della Repubblica, ha conferito alla Fondazione «Fazio-Allmayer» il riconoscimento giuridico di Ente Morale.

Dal 1990 ad oggi è stata incrementata l’attività editoriale della Fondazione, con il completamento dell’Opera Omnia di Vito Fazio-Allmayer e la pubblicazione di una trentina di saggi di docenti universitari, ricercatori, dottori di ricerca e giovani laureati; sono stati organizzati altri Convegni, Seminari e giornate di studio e si è provveduto ad arricchire la Biblioteca, che attualmente consta di circa 5.000 volumi.


L’Archivio della Pedagogia Italiana del Novecento è sorto per iniziativa della Fondazione «Fazio-Allmayer», in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’educazione e dei processi culturali e formativi dell’Università degli Studi di Firenze, soprattutto grazie all’impegno del caro Amico e Collega Franco Cambi e del suo allievo Alessandro Mariani, che desidero ringraziare pubblicamente in questa occasione. Senza la loro impegnata e fattiva collaborazione, la Fondazione non avrebbe potuto intraprendere un’iniziativa come questa che, oltre a darle maggiore visibilità, le conferisce il merito di aver istituito a Firenze un importante Centro di ricerca e di documentazione pedagogica.
Presieduto da chi vi parla e scientificamente diretto dal Prof. Cambi, l’Archivio in questione raccoglie e mette a disposizione degli studiosi le carte private dei pedagogisti italiani del XX secolo, costituite da appunti, lavori giovanili, prime stesure di opere, testi di conferenze e corsi universitari, carteggi, documenti vari riguardanti le esperienze da loro effettuate nel territorio e nel mondo della scuola; dossiers relativi a collaborazioni editoriali, seminari, convegni, etc.


Si tratta di un ricco e vario materiale documentario che consente di ricostruire il cammino compiuto dai singoli studiosi nell’elaborazione delle proprie idee e/o delle proprie teorie pedagogiche, di seguire il processo del loro pensiero nel suo farsi, di ripercorrere le tappe della loro ricerca pedagogica ed educativa dall’inizio fino al suo compimento, di enucleare il metodo di lavoro dagli stessi adottato, gli argomenti e i problemi da essi affrontati, nonché il contesto storico-culturale in cui hanno svolto la loro attività di ricerca e di studio.

Un materiale, questo, da recuperare e valorizzare in quanto esso può costituire fonte preziosa per la ricerca storico-educativa e, insieme, linfa vitale per la crescita umana e culturale delle future generazioni e, in particolare, per la formazione del futuro ricercatore e/o studioso di Pedagogia.


Oggi la ricerca storico-educativa, sulla base del modello proposto dalla storiografia annalistica, che muovendo dall’esigenza di una storia integrale, globale, multidimensionale, ha ampliato il proprio oggetto di indagine rivolgendo la propria attenzione alle moltitudini (popolazioni, ceti sociali, abitanti della campagna o del contado, gruppi subalterni e minoritari, etc.), si va sempre più facendo storia sociale dell’educazione.
Assumendo quale oggetto di studio e di ricerca non più l’avvenimento, ma la struttura, non più l’individuo, ma la società, la nouvelle histoire ha allargato, e sostanzialmente innovato, il concetto di fonte storica, includendovi ogni sorta di reperto: ogni traccia lasciata dall’uomo nel suo ambiente naturale e umano, ogni testimonianza, scritta o orale, della sua presenza nel mondo; ed ha trasformato il documento in monumento, ossia in un lascito, più o meno consapevole, della civiltà del passato alla memoria collettiva, che occorre smontare, destrutturare e demistificare, perché possa essere trasferito dal piano della memoria a quello della ricerca storiografica.**
Su questa linea si è mossa, soprattutto in Francia e in Italia, la ricerca storico-educativa che, richiamandosi alla prospettiva annalistica di una storia globale, totale, prevalentemente rivolta alla quotidianità – e, quindi, all’alimentazione, alle  malattie, all’immaginario collettivo, alla mentalità –, ha condotto delle indagini di storia dell’educazione strettamente connesse alle dinamiche socio-economiche e politiche della società – di cui l’educazione è parte integrante –, e orientate verso le categorie sociali più trascurate, se non addirittura ignorate o emarginate, come l’infanzia, le donne, i poveri, i marginali. Indagini talvolta svolte secondo un paradigma indiziario (ossia procedente per indizi e tracce) – in cui l’interpretazione – assume un ruolo centrale –, e finalizzate a riportare alla luce un vissuto sommerso o dimenticato. Basterebbe citare al riguardo i pregevoli lavori di Egle Becchi (Storia dell’educazione dell’87 e Storia dell’infanzia del ‘96, in due voll.), o di Franco Cambi e Simonetta Ulivieri (I silenzi dell’educazione del ‘94).
L’odierna storia sociale dell’educazione viene talvolta contrapposta alla storia della pedagogia intesa come storia delle idee o delle teorie pedagogiche. Il che è sostanzialmente condivisibile ove queste siano astrattamente considerate, ma ove esse siano inserite nel contesto di una storia a più dimensioni, in cui pensiero e realtà, idea ed esperienza, dialetticamente si rapportano e si integrano fra di loro, anche la storia delle idee o delle teorie pedagogiche, può far parte, a pieno titolo, della storia sociale dell’educazione. Ne è una riprova lo stesso materiale documentario dell’Archivio dei pedagogisti italiani, in cui risulta estremamente difficile  separare nettamente le idee o teorie pedagogiche espresse negli appunti o nelle cartelle dei singoli studiosi e ricercatori dalle loro esperienze e ricerche condotte in ambito educativo e, viceversa, queste ultime dalle prime.


Attualmente l’Archivio dispone delle carte di Giovanni Maria Bertin, di Lamberto Borghi, di Raffaele Laporta, di Mauro Laeng, di Mario Alighiero Manacorda, di Mario Manno, della ricca documentazione di Bruno Bellerate, di Remo Fornaca (che è stato il primo dei donatori) e di quelle di Egle Becchi, di Giacomo Cives, di Nando Filograsso, di Domenico Izzo, di Demiro Marchi, di Riccardo Massa, di Idana Pescioli, di Vittorio Telmon, di Mario Valeri, di Aldo Visalberghi.
Si è in attesa di altri documenti promessi agli organizzatori o curatori dell’Archivio, come quelli di Angelo Broccoli, di Giuseppe Catalfamo, di Giovanni Cattanei, di Francesco De Bartolomeis, di Rosetta Finazzi Sartor, di Eleana Frauenfelder, di Alberto Granese, di Vincenzo Sarracino, di Tina Tomasi, di Leonardo Trisciuzzi.
Bisognerà provvedere, nel più breve tempo possibile, alla loro catalogazione e ad una loro adeguata collocazione, nonché ad eventuali operazioni di manutenzione e restauro che ne assicurino la conservazione nel tempo.
In seguito si potrà pubblicare, col permesso e la collaborazione dei donatori, parte della documentazione affidataci e, soprattutto, quella relativa ai carteggi che sono viva testimonianza, oltre che dei rapporti fra le figure di spicco di un determinato settore disciplinare e delle loro più spontanee e libere valutazioni, dell’atmosfera culturale di un’epoca.


È da sottolineare che l’Archivio in questione non costituisce soltanto un “luogo” di recupero e di valorizzazione di testimonianze preziose per lo studio delle teorie pedagogiche e delle pratiche educative affermatesi nel Novecento, o per la ricostruzione di una storia della pedagogia configurantesi come storia sociale dell’educazione, ma anche, e soprattutto, un Centro di ricerca.


Suo scopo principale è quello di attivare seminari, dibattiti e cicli di conferenze, di affrontare temi e problemi di carattere pedagogico, di promuovere la ricerca attorno al nesso tra le problematiche storico-educative e la documentazione inerente a questo particolare ambito di riflessione e di indagine.
Questo Convegno nazionale, organizzato in collaborazione con l’Università di Firenze, in occasione dell’inaugurazione dell’Archivio, rappresenta soltanto l’inizio, il punto di partenza di un’attività scientifico-culturale di ampio respiro. Speriamo di poter organizzare, sempre con l’aiuto del Prof. Cambi e dei suoi collaboratori, molti altri Convegni, come questo, e dar vita ad altre iniziative di studio e di ricerca.
Nel citato saggio pubblicato nel Bollettino della Fondazione il Direttore dell’Archivio, Prof. Franco Cambi, ha prospettato la possibilità di istituire una Collana di studi che ne sottolinei la funzione di «promotore di incontri di riflessione, di scambio di prospettive, di messa a fuoco di nuovi metodi». Nella mia qualità di Presidente dell’Archivio e, in uno, della Fondazione, accolgo con entusiasmo tale proposta e mi impegno, fino da ora, a collaborare per metterla in atto nel più breve tempo possibile.


* Vedi F. CAMBI, L’archivio pedagogico italiano del Novecento di Firenze, in Bollettino della Fondazione Nazionale «Vito Fazio-Allmayer», anno XXXII, nn. 1-2, Gennaio-Dicembre 2003, pp. 1-7. 
** Vedi J. LE GOFF, Documento/Monumento, voce dell’Enciclopedia Einaudi, vol. IV, Torino, 1978.

 

 
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