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  • Insegnare è non morire

    Insegnare è non morire, è inserirsi in un processo di vita che ci precede e ci prosegue nel tempo: questa fu la certezza di Vito e di Bruna Fazio-Allmayer, e su tale certezza si basa una spinta pedagogica, di sapore socratico, se è giusto per loro che il maestro si senta uomo tra uomini, lui col suo vantaggio di essere più esperto, loro col loro vantaggio di essere più giovani, più aperti al nuovo.

    L'educatore, nel suo farsi persona, risolvendo in sé le proprie esperienze e quelle della comunità umana, si fa storico di se stesso, nel rapporto con i propri alunni deve impegnarsi a riconoscerli nella loro singolarità, piuttosto che a livellarli o a pianificarli. Aprirsi agli altri è il contributo al vivere del tutto. Quando viene meno questo senso di solidarietà col tutto, si genera in noi il disagio dell'angoscia.

    Dunque il senso della vita è quello della speranza e dell'amore: gli altri non sono contrapposti al proprio io, ma come necessario sbocco del proprio io. Ciascuno di noi si fa compossibile agli altri per quello che dà e per quello che riprende dagli altri, così il particolare si risolve nell'universale e l'universale nel particolare.

    Per Vito Fazio-Allmayer la speranza è nella certezza che l'avvenire è nel presente. Sono perciò vecchi quegli insegnanti che, assorbiti nel passato, trovano spregevole tutto ciò che si produce nel presente, e scemi i giovani, ed erroneo ogni nuovo pensiero. La scuola è veramente vecchia se non ha la capacità di vedere nuovo e rinnovantesi il mondo. L'insegnante che si racchiude nelle memorie del passato e non pensa più ad un domani che debba farsi, egli confessa la malattia mortale che si chiama vecchiaia.